mercoledì 25 marzo 2015

STRAGE DI ALBERI! SERVE UN'INCHIESTA PUBBLICA....E UN VINCOLO URBANISTICO


Dopo l'allarme lanciato dai lettori del Tirreno sulla strage di alberi nelle colline livornesi e la successiva inchiesta del quotidiano, mi viene spontaneo condividere alcune riflessioni sulla base della precedente esperienza che tutti abbiamo vissuto con la vicenda della discarica a Limoncino.

Quando nel 2010, a cose fatte, emerse il problema della mega-discarica scatenando giustamente una rivolta, la Provincia cercò di calmare gli animi affermando che tutto era a norma, che altri enti e organi avevano controllato e dato l'ok, che non era una discarica ma un "ripristino ambientale", ecc. 
Come poi i fatti si incaricarono di dimostrare, la cosa era tutt'altro che pacifica, addirittura in quel caso è finita con un sequestro e procedimenti giudiziari tutt'ora in corso.

Nel caso attuale del disboscamento impressionante sulla stessa collina, anche stavolta emerso dopo gli allarmi anziché illustrato preventivamente, la Provincia squaderna nuovamente lo stesso tipo di giustificazioni ("è silvicoltura", "abbiamo l'ok della forestale" e così via), ma ormai sappiamo di non dover dare niente per scontato: perciò è necessario che un faro venga immediatamente puntato sul caso, pretendendo un esame pubblico approfondito di tutti gli atti.

Le questioni da chiarire subito sono due. La prima è se la Provincia, di fronte alla richiesta di chi vuole trarre profitto dal pezzo di bosco di sua proprietà, tagliando quasi tutto il verde e vendendosi la legna, è obbligata ad autorizzare lo scempio o, in base alla legge invocata, "può" autorizzarlo o meno, facendo proprie valutazioni. 
Il dubbio non è di poco conto e lo si scioglie carte alla mano, non con le chiacchiere.

La seconda questione riguarda la possibilità che sulla collina, una volta sgomberata dal bosco, possano essere improvvisate nuove strade per raggiungere la limitrofa discarica, riempiendola di monnezza nella malaugurata ipotesi di resurrezione dell'orrendo progetto, aggirando il problema della strada originaria presidiata dai rompiscatole del comitato, forti di sentenze giudiziarie a loro favore.
Anche questo nodo lo si può sciogliere solo alla maniera gordiana: più di mille discorsi il Consiglio comunale deve mostrarci un vincolo urbanistico che impedisca questo catastrofico finale, oppure introdurlo a tamburo battente.

Viceversa, come al solito e quando sarà troppo tardi, ci toccherà dare ragione a chi mette in guardia in tempo utile la popolazione ed i politici più ingenui, o finti-tonti che dir si voglia.


Andrea Romano - Resistere! Azione Civica

giovedì 19 marzo 2015

DI MATTEO ISOLATO DALLE ISTITUZIONI, IL COMUNE GLI CONFERISCA LA CITTADINANZA ONORARIA


Qualcuno si ricorderà che il CSM bocciò per ben due volte Giovanni Falcone, prima nel 1988 quando gli preferì un certo Mele per guidare l'ufficio istruzione della procura di Palermo e poi nel '92 quando gli contrappose un altro magistrato per la nuova superprocura antimafia. Dopo pochi giorni Falcone saltò in aria nell'attentato di Capaci, insieme alla moglie e alla scorta. Alcuni giorni prima dell'attentato dichiarò: "mi hanno delegittimato, stavolta i boss mi ammazzano".

In questi giorni il giudice Nino Di Matteo, protagonista delle inchieste antimafia di Palermo, perennemente minacciato dai boss e sotto scorta, si è visto respingere dal CSM guidato dal renziano Legnini la sua richiesta di trasferirsi alla procura antimafia, a cui il CSM stranamente preferisce candidati con molta meno esperienza nella lotta alla criminalità organizzata.

Per completare l'inquietante deja vu, nei mesi scorsi è stata diffusa un'intercettazione in cui Totò Riina confidava ad un altro detenuto la volontà di far fare a Di Matteo "la fine degli altri".
Per evitare di piangere sempre sul latte versato, come capita sempre agli italiani, è auspicabile una mobilitazione istituzionale per spingere il CSM a tornare, stavolta, sui propri passi, evitando di delegittimare in modo tanto clamoroso un magistrato così esposto e impegnato.

A questo proposito, propongo al sindaco Nogarin e al Consiglio comunale di conferire a Di Matteo la cittadinanza onoraria di Livorno, così come hanno fatto Torino, Modena e Messina.


Andrea Romano - Resistere! Azione Civica

lunedì 9 marzo 2015

CIBO SPRECATO, ANCHE A LIVORNO SERVE UN PROGETTO DI RIUSO

La cultura del recupero non passa per un articolo di legge. Certo le norme aiutano, soprattutto quando rendono più conveniente per un’azienda il dono dei pasti in esubero. Incentivi che però nel nostro Paese non ci sono ancora. Ma la questione è ben più complessa della semplice dicotomia obbligo di legge-libertà di dono, quando si tratta di enti pubblici: in Italia da 11 anni viene concessa la possibilità per le onlus di recuperare il cibo equiparandole al consumatore finale, sollevandole dalla cosiddetta "responsabilità di percorso".

Un traguardo che ha permesso nel 2003 la nascita di Siticibo, il progetto del Banco Alimentare per il recupero di pasti pronti da mense aziendali, scuole e ospedali. Nelle Asl, Rsa e ospedali, ad esempio, finisce nel secchio il 40% del cibo dei pazienti. Il danno per la spesa pubblica sanitaria, quindi per il contribuente, è enorme, perché questi pasti costano dai 12 ai 18 euro. Poiché, stando al rapporto del ministero della Salute, ci sono 11 milioni di ingressi in corsia l’anno con durata media 6 giorni, la spesa annua per i pasti dei degenti è circa 1 miliardo di euro. E quindi pasti per circa 400 milioni vengono sprecati.

La donazione del cibo avanzato è regolamentata dalla legge 155 del 25/06/2003: la frazione organica di rifiuti può prolungare il proprio ciclo di vita, trasformandosi in donazione a scopo sociale. In italia esistono progetti di recupero del cibo e riuso per somministrazione umana ed animale come  Milano Ristorazione, RE.T.E SOLIDA*, un progetto di recupero delle eccedenze alimentari che interessa la provincia di Padova e Rovigo. A Verona il progetto analogo si chiama REBUS.

Occorre sviluppare anche a Livorno un progetto di raccolta e distribuzione che coinvolga l’amministrazione comunale e il terzo settore, in modo da sostenere le persone in gravi difficoltà economiche, ridurre i costi per lo smaltimento dei rifiuti ed occuparsi di gestire le rimanenze non distribuibili (cibi non integri o avanzi di cibo che non possono essere somministrati) ricavando elettricità dalla lavorazione degli scarti alimentari, come ha recentemente fatto la catena Salisbury in Inghilterra, che e’ diventata energicamente autonoma grazie ad un impianto di digestione anaerobica.

Elena Salvestrini - Resistere! Azione Civica 

mercoledì 4 marzo 2015

AAMPS, OCCASIONE D'ORO PER NOGARIN: FINALMENTE LA NOMINA DI UN ESPERTO?

Dopo le dimissioni del direttore Fommei, con la sospensione di Di Gennaro l'AAMPS rimane anche senza amministratore.
Come a suo tempo criticai Cosimi per la nomina di Fommei e Chioini all'AAMPS (uno aveva esperienza di rifiuti solo in un comunello della Maremma, l'altro aveva fatto il portavoce del sindaco fino al giorno prima), così ebbi modo di profetizzare problemi per l'azienda quando Nogarin scelse di piazzare al vertice Di Gennaro, studente in radiologia.

AAMPS è una grande azienda, che da lavoro a centinaia di persone e dalla quale dipendono servizi fondamentali per la città, è piena di problemi a partire dai debiti per finire alle tariffe, all'inceneritore e alla gestione di Vallin dell'Aquila. Per questo ho chiesto prima al PD e poi ai 5 stelle di non giocare agli apprendisti stregoni con nomine a casaccio e di andare a prendere il manager migliore che c'è in giro: il nome è quello di Raphael Rossi, famoso per aver rifiutato tangenti e per aver affrontato problemi gravissimi in città come Napoli, Reggio Calabria, Torino e Parma. Ovviamente la sua stella polare è la strategia Rifiuti-zero, fulcro anche del programma dei 5 stelle.
Pochi mesi fa anche il comune di Formia (sindaco PD), ha scelto Raphael Rossi con un bando pubblico nazionale per la guida della "Formia Rifiuti Zero" s.r.l., società totalmente pubblica con un nome che è tutto un programma.

Dal PD livornese riuscii ad ottenere solo una collaborazione con Rossi per l'avvio del porta-a-porta nel quartiere Venezia (nonostante il successo, dopo è stato praticamente allontanato), mentre i 5 stelle dopo Di Gennaro hanno riposto fiducia nel consulente Marzovilla, un architetto che pare abbia il compito di sciogliere AAMPS in Retiambiente s.p.a. (agglomerato creato dalla Regione per privatizzare la gestione dei rifiuti, a caro prezzo) mentre il Consiglio comunale ha approvato a settembre una delibera per fare esattamente il contrario, cioè uscire da Retiambiente.

Mi sembra evidente che AAMPS abbia bisogno più che mai di un manager esperto e competente, che abbia ben chiaro l'obiettivo di mantenere i servizi in mano pubblica e "locale", tagliare sprechi e inefficienze e abbandonare metodi di smaltimento costosi e inquinanti: con l'uscita di scena di Fommei e Di Gennaro, il sindaco ha l'occasione irripetibile di fare ciò che non è mai stato fatto, cioè nominare una persona senza badare all'appartenenza ma solo all'abilità già dimostrata ed alla fedeltà nei confronti delle strategie di gestione virtuosa dei rifiuti.

Andrea Romano - Resistere! Azione Civica