lunedì 27 aprile 2015

LIVORNO IN SVENDITA, PROMETTONO ROSE E PREPARANO SPINE

Aldo Repeti continua a sostenere la bontà delle privatizzazioni nei servizi pubblici (Tirreno del 23.04.15), tentando una replica al sottoscritto ma, con una buona dose di astuzia, senza prendere in considerazione le mie domande e i dubbi che avevo espresso.

Vorrei riportare la questione al merito ed agli esempi pratici, cominciando dalle mie perplessità (bollate come "populismo") sulla maggiore efficienza e onestà che un privato garantirebbe rispetto al socio pubblico: basti pensare alla REA, società dei rifiuti di Rosignano, che nel 2011 ha visto finire in carcere alcuni suoi amministratori privati con accuse di associazione a delinquere, estorsione e corruzione, per vicende in quel di Napoli e Catanzaro.

Repeti non ha saputo smentire nessuna delle mie affermazioni e non ha mostrato i documenti richiesti a sostegno del suo "gossip" sui milioni che AAMPS dovrebbe restituire in caso di uscita da Retiambiente. Era dunque una balla? Probabile.

Come una balla, e non altro, è quella secondo la quale la magica privatizzazione evita di scaricare tutto il costo del servizio sui cittadini, grazie alla presunta munificenza e generosità di questi investitori, pronti a frugarsi le loro tasche per consentire il calo delle tariffe: veri e propri filantropi che vogliono la felicità e il benessere del prossimo. 

Questo ovviamente non è mai successo, in nessuna parte del mondo. I soci privati cercano, legittimamente, di massimizzare il loro profitto, alzando le tariffe e tagliando sulla qualità. Gli esempi si sprecano e l'ultimo è stato pubblicato proprio dal Tirreno, col CTT-nord che annuncia l'acquisto di nuovi bus perché "finanziato al 55% dalla Regione Toscana" (cioè dalle tasse) e che taglia le corse appena il Comune gli taglia i trasferimenti (provenienti anch'essi dalle tasse).

Sconfortante, infine, il fatto che Repeti continui a chiedermi "alternative progettuali", dopo che gli ho ben chiarito gli esempi di Pistoia, Prato, Piombino e senza tener conto di tutte le realtà locali in cui i servizi sono rimasti in mano pubblica con ottimi risultati gestionali, grazie a regole di trasparenza molto più stringenti rispetto al passato.


Andrea Romano - Resistere! Azione Civica

giovedì 23 aprile 2015

DISBOSCAMENTI E DISCARICA, PERCHE' LA PROVINCIA NON RISPONDE?



Qualche giorno fa si è svolta una seduta del Consiglio Provinciale durante la quale il presidente Alessandro Franchi avrebbe dovuto rassicurare la popolazione per quanto riguarda la vicenda dei disboscamenti autorizzati sulle colline livornesi, oltre a chiarire in quali termini la questione può o no coinvolgere la discarica a Limoncino.

Le cronache hanno invece riportato le risposte a mio avviso evasive pronunciate nell'aula consiliare da Franchi, che a quanto pare sui disboscamenti si è fatto scudo con le leggi e le decisioni burocratiche, mentre sulle eventuali strade alternative per raggiungere la discarica ha passato la patata bollente al Comune, che su questo evita di esprimersi.

A questo punto, essendo l'opinione pubblica rimasta in attesa dei chiarimenti necessari, vorrei rivolgere come cittadino contribuente direttamente a Franchi le domande rimaste ancora senza risposta:

1) anche se i disboscamenti sono a norma di legge, è la Provincia a decidere quali limiti inserire nelle autorizzazioni. Perché vengono inseriti limiti talmente leggeri (75 matricine per ettaro) da consentire un vero e proprio scempio paesaggistico e ambientale? Perché gli organi politici non intervengono immediatamente con una direttiva per gli uffici?

2) la sentenza n. 149/2014 del Tribunale di Livorno ha ordinato alla Provincia di ridurre le tipologie di rifiuto conferibili nella discarica a Limoncino da 108 ad una sola: terre e rocce da demolizioni (codice 17.01). Questo ovviamente porta a conseguenze fondamentali dal punto di vista ambientale e urbanistico. La Provincia ha rispettato la sentenza?

Mi auguro che stavolta vengano fornite risposte precise ed esaurienti, nel rispetto dei principi di trasparenza che devono guidare gli amministratori e i funzionari pubblici, soprattutto quando una vicenda interessa l'intera comunità.


Andrea Romano - Resistere! Azione Civica

lunedì 20 aprile 2015

SERVIZI PUBBLICI, STIAMO ALLA LARGA DAI CARROZZONI

Trovo incredibile che ancora oggi ci sia da parte di qualcuno, in questo caso Aldo Repeti del PSI (il Tirreno del 17/04/2015), la mancanza di pudore politico necessaria per promuovere aggregazioni e privatizzazioni dei servizi pubblici locali. Provo allora a smontare un pezzo alla volta le sue costruzioni logiche, apparentemente inoppugnabili.


Repeti innanzitutto sostiene che l'ingresso di AAMPS in Retiambiente non sarebbe una privatizzazione, ma una gestione mista pubblico-privata: questo è solo un trucco semantico perché se il privato ha i poteri di gestione e controlla il voto nel CdA, poco importa che la maggioranza delle azioni resti ai comuni, anzi è un modo per il privato di accaparrarsi il business risparmiando quattrini (deve acquistare meno azioni!).

Il segretario PSI poi afferma che l'aggregazione porta risparmi di spesa: in realtà, la favola delle economie di scala in questi settori è stata smentita dai fatti, basti pensare all'esempio del trasporto pubblico, visto che il carrozzone CTT-Nord sta trascinando Livorno in un baratro, mentre chi è rimasto "confinato" nel proprio territorio (Prato e Pistoia) gode ottima salute, o comunque sta molto meglio di noi.

Non è possibile attribuire le difficoltà attuali di AAMPS al fatto che la sua gestione si limiti al territorio livornese o sia pubblica. La colpa è del clientelismo politico sviluppatosi nei decenni, che non si elimina privatizzando (chi lo dice che un industriale sia più onesto di un sindaco?) ma introducendo regole trasparenti e vincoli di spesa.

Repeti gioca anche la consueta carta del terrore finanziario: "se AAMPS non entra in Retiambiente dovrà restituire 4 milioni di euro". Mi spieghi in base a quale documento tali finanziamenti sono stati vincolati all'ingresso nel carrozzone dei rifiuti. Non risulta.

Così come dovrebbe spiegarmi perché i 16 comuni della zona che hanno già deciso di non entrare in Retiambiente non sono stati colpiti da nessuna piaga biblica, e perché 9 tra questi hanno addirittura cambiato area vasta: Piombino per esempio si tiene la sua azienda totalmente pubblica, conferendo ad un consorzio (non una s.p.a.) i servizi di spazzamento e raccolta, ma non la gestione degli impianti.
Oltretutto, ci vuole stomaco a definire demagogico e anacronistico il "no alla privatizzazione" dei servizi locali, visto che dal referendum che ha obbligato il Parlamento (che se ne frega) a legiferare in questo senso sono passati solo 3 anni. Ma allora a che serve votare?


Andrea Romano - Resistere! Azione Civica

TRASPORTO PUBBLICO, CAMBIARE ROTTA PRIMA DEL COLLASSO


Dopo il taglio dei fondi al CTT-Nord (l'ex ATL) deciso dal Comune di Livorno, l'azienda risponde tagliando 140.000 km di corse all'anno in città. Si va verso il collasso del trasporto pubblico e del futuro dei lavoratori del settore, come il sottoscritto aveva previsto nel 2011, quando rifiutandomi di votare la delibera per lo scioglimento di ATL nel CTT-Nord dichiarai al Tirreno che "a farne le spese saranno lavoratori e servizi".

CTT-Nord funziona con lo stesso meccanismo infernale che seguirà Retiambiente per i rifiuti quando si sarà mangiata AAMPS (se così il sindaco vorrà): il socio privato ha il 35% delle azioni ma nomina la metà del consiglio di amministrazione e l'amministratore delegato, quindi comanda pur essendo in minoranza rispetto ai comuni. In più c'è una chicca: il socio privato CAP, azienda dei trasporti di Prato, è rimasto alla larga dalla fusione, evitando di entrare nel carrozzone. Geniale.

La privatizzazione doveva servire, a sentire gli estimatori di questa soluzione, a sollevare le casse pubbliche dal costo dei servizi grazie agli investimenti, invece guarda caso se il Comune taglia i fondi al CTT questo immediatamente annuncia il taglio delle corse, che si trasformerà anche in un taglio dei posti di lavoro. 

A Pistoia succedono cose differenti: l'azienda COPIT, che faceva parte del CTT ma poi decise di uscirne per restare in mano pubblica (a Livorno ci dissero che non era possibile, per nessuno!), lo scorso settembre ha approvato conti in attivo, mentre all'inizio del 2015 ha proceduto a fare nuove assunzioni, ad acquistare nuovi mezzi e addirittura ad esentare dal pagamento del biglietto gli utenti con un ISEE basso!

Il Comune di Livorno può ancora salvare il trasporto pubblico in tre mosse: chiudere al traffico il centro davvero e non a chiacchiere, controlli a tappeto contro chi non paga il biglietto e soprattutto uscire il prima possibile dal CTT-Nord come ha fatto Pistoia: per adesso si è limitato a nominare il Vicepresidente del CTT stesso, con un'indennità di circa 34.000 euro l'anno. Cambiate rotta finché siete in tempo.


Andrea Romano - Resistere! Azione Civica

giovedì 16 aprile 2015

RIFIUTI, UN CONSORZIO CERCA DI ROVESCIARE IL RISULTATO ELETTORALE!

Si legge sul Tirreno che il consorzio dei rifiuti ATO Toscana Costa ha presentato ricorso contro la delibera del Consiglio Comunale di Livorno che impedisce ad AAMPS di confluire nell'azienda Retiambiente. La notizia ha del clamoroso, perché a quanto pare si cerca di impedire ad un sindaco e ad un consiglio democraticamente eletti di dar seguito ai loro programmi amministrativi, che appaiono del tutto legittimi e rispettabili.

Innanzitutto va chiarito cosa sia l'ATO dei rifiuti: un ente composto dai sindaci della costa toscana (quasi tutti del PD, con un direttore che si becca uno stipendio di quasi 10.000 euro al mese) che vuole a tutti i costi che le aziende dei rifiuti della zona si uniscano tra loro nella mega-azienda Retiambiente, da privatizzare con una gara da 6 miliardi di euro.

Retiambiente è una trappola mortale che cerco da anni di evitare alla città di Livorno: come consigliere, nel 2011 mi rifiutai di votare la delibera sventolando lo statuto dell'azienda, secondo il quale per prendere le decisioni più importanti il consiglio di amministrazione dovrà registrare una maggioranza dei due terzi, consegnando così al privato (che vuole solo riscuotere profitti) un potere di veto assoluto su bilanci, tariffe, personale, fusioni, contratti, ecc. Le conseguenze per utenti e lavoratori sono facilmente immaginabili: tariffe ancora più alte, servizi ancora meno efficienti, tagli sociali e sacrifici ambientali.

Il nuovo Consiglio comunale, a differenza delle dichiarazioni altalenanti della Giunta (che ha anche omesso di informare il Consiglio del ricorso) e dell'AAMPS, si è per fortuna schierato inequivocabilmente contro questo diabolico percorso, ma per l'ATO dei rifiuti le elezioni evidentemente non contano niente: dobbiamo fare come dicono loro, anche se chi si era appiattito sulla loro volontà è stato cacciato via a furor di popolo.

Eppure, altri 16 comuni si sono rifiutati di entrare in Retiambiente, con 9 tra essi che hanno addirittura deciso, col benestare della Regione, di cambiare ATO unendosi ad altri territori! Livorno invece viene processata. Forse perché è un boccone troppo grande e appetitoso per rinunciarci?


Andrea Romano - Resistere! Azione Civica

venerdì 3 aprile 2015

IN COMUNE E IN PROVINCIA REGNA IL SILENZIO



La meritoria inchiesta del Tirreno sul taglio selvaggio dei boschi livornesi scopre ogni giorno pezzetti di verità molto interessanti, a partire dalle conferme che cercavo sulla scelta discrezionale (e non obbligata!) della Provincia di non porre limitazioni allo sfruttamento commerciale del nostro patrimonio naturale e paesaggistico, come afferma il biologo Pasquinelli, anziché tutelarlo per valorizzare la zona anche a fini turistici e culturali.

Fa sorridere amaramente venire a sapere che mentre si continuano a bersagliare di controlli le baracche abusive del Limoncino, poco più in là vengono giù intere foreste senza che il presidente della Provincia o il sindaco aprano bocca per dire "stop" ad un apparato burocratico che, dai tempi delle discariche "green", quando si tratta di operazioni gigantesche è sembrato a molti di manica larga, anzi larghissima.

Non solo, la vicenda si incrocia inevitabilmente con altre, prima di tutto perché non si riesce a capire a cosa diavolo servano improvvisamente tutte queste tonnellate di legna, a meno che tutti i livornesi non si siano fatti il camino in salotto decidendo di tenerlo acceso anche a ferragosto. Oppure c'entrano qualcosa le autorizzazioni date da comuni come Collesalvetti per l'apertura di nuove centrali a biomasse molto inquinanti, magari da alimentare "a filiera corta" e cioè con i boschi limitrofi?

C'è poi la questione della discarica: nessun amministratore si è ancora degnato di mostrare a tutti un vincolo che impedisca ora e in futuro di utilizzare i terreni disboscati per raggiungere con i camion carichi di monnezza l'ex cava del Limoncino.

Così come nessuno ha mostrato quell'articolo di legge che avrebbe finora impedito alla giunta di ritirarsi dal ricorso contro il blocco dell'utilizzo della strada presidiata dal comitato. Alle chiacchiere dei funzionari non è seguita alcuna documentazione.

Ma c'è di più: la sentenza 149/2014 del Tribunale di Livorno è stata trasmessa alla Provincia perché - si legge - "non potrà esimersi dal revocare in autotutela il provvedimento autorizzativo, rilasciando in sostituzione altra AIA limitata oggettivamente ai rifiuti delle operazioni di costruzione e demolizione", cioè terra e rocce. La Provincia ha eseguito l'ordine del Tribunale?



Andrea Romano - Resistere! Azione Civica