Trovo incredibile che ancora oggi ci sia da parte di qualcuno, in questo caso Aldo Repeti del PSI (il Tirreno del 17/04/2015), la mancanza di pudore politico necessaria per promuovere aggregazioni e privatizzazioni dei servizi pubblici locali. Provo allora a smontare un pezzo alla volta le sue costruzioni logiche, apparentemente inoppugnabili.
Repeti innanzitutto sostiene che l'ingresso di AAMPS in Retiambiente non sarebbe una privatizzazione, ma una gestione mista pubblico-privata: questo è solo un trucco semantico perché se il privato ha i poteri di gestione e controlla il voto nel CdA, poco importa che la maggioranza delle azioni resti ai comuni, anzi è un modo per il privato di accaparrarsi il business risparmiando quattrini (deve acquistare meno azioni!).
Il segretario PSI poi afferma che l'aggregazione porta risparmi di spesa: in realtà, la favola delle economie di scala in questi settori è stata smentita dai fatti, basti pensare all'esempio del trasporto pubblico, visto che il carrozzone CTT-Nord sta trascinando Livorno in un baratro, mentre chi è rimasto "confinato" nel proprio territorio (Prato e Pistoia) gode ottima salute, o comunque sta molto meglio di noi.
Non è possibile attribuire le difficoltà attuali di AAMPS al fatto che la sua gestione si limiti al territorio livornese o sia pubblica. La colpa è del clientelismo politico sviluppatosi nei decenni, che non si elimina privatizzando (chi lo dice che un industriale sia più onesto di un sindaco?) ma introducendo regole trasparenti e vincoli di spesa.
Repeti gioca anche la consueta carta del terrore finanziario: "se AAMPS non entra in Retiambiente dovrà restituire 4 milioni di euro". Mi spieghi in base a quale documento tali finanziamenti sono stati vincolati all'ingresso nel carrozzone dei rifiuti. Non risulta.
Così come dovrebbe spiegarmi perché i 16 comuni della zona che hanno già deciso di non entrare in Retiambiente non sono stati colpiti da nessuna piaga biblica, e perché 9 tra questi hanno addirittura cambiato area vasta: Piombino per esempio si tiene la sua azienda totalmente pubblica, conferendo ad un consorzio (non una s.p.a.) i servizi di spazzamento e raccolta, ma non la gestione degli impianti.
Oltretutto, ci vuole stomaco a definire demagogico e anacronistico il "no alla privatizzazione" dei servizi locali, visto che dal referendum che ha obbligato il Parlamento (che se ne frega) a legiferare in questo senso sono passati solo 3 anni. Ma allora a che serve votare?
Andrea Romano - Resistere! Azione Civica
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